Impronta del carbonio: Riferimenti normativi.
Nella cassetta degli attrezzi per la sostenibilità, in bella evidenza, c’è l’impronta del carbonio o carbon footprint. Essa consente di calcolare e rendicontare l’impronta del carbonio generato da un’organizzazione nel suo complesso o da uno o più prodotti.
La conoscenza di questo strumento è fondamentale. Sulla spinta delle crisi energetica e climatica e della crescente sensibilità dei cittadini e della politica, molte aziende leader stanno già chiedendo ai loro fornitori di calcolare e di rendicontare le emissioni di gas serra legate alle loro attività e di impegnarsi per ridurle.
La riduzione dell’impronta del carbonio è però importante indipendentemente dalle richieste dei clienti: da un lato aumenta il valore all’azienda e, dall’altro, contribuisce al contrasto dei cambiamenti climatici.
L’impronta del carbonio generato dall’impresa può riguardare:
- L’organizzazione e in tal caso ci si attiene alla norma UNI EN ISO 14064-1, “Gas ad effetto serra – Parte 1: Specifiche e guida, al livello dell’organizzazione, per la quantificazione e la rendicontazione delle emissioni di gas ad effetto serra e della loro rimozione”;
- Uno o più prodotti e in tal caso ci si attiene alla norma UNI EN ISO 14067, “Gas ad effetto serra – Impronta climatica dei prodotti (Carbon footprint dei prodotti) – Requisiti e linee guida per la quantificazione.
In entrambi i casi il calcolo dell’impronta del carbonio si ottiene grazie all’applicazione della UNI EN ISO 14040 “Gestione ambientale – Valutazione del ciclo di vita – Principi e quadro di riferimento” e della UNI EN ISO 14044 “Gestione ambientale – Valutazione del ciclo di vita – Requisiti e linee guida” ovvero attraverso l’analisi del ciclo di vita (LCA, Life Cycle Analysis) utilizzando un software commerciale conforme.
Si precisa che queste norme sono già disponibili dal 2006 nella loro versione ISO e EN ISO.
Che si tratti di organizzazione o che si tratti di prodotto, il servizio tipicamente si sviluppa nel seguente modo:
- Formazione iniziale operativa del personale aziendale che segue il progetto;
- Predisposizione di una check-list da parte del consulente e sua presentazione ai referenti aziendali che si attivano per la raccolta dati;
- Guida per la raccolta dei dati;
- Elaborazione del modello di organizzazione o di prodotto e calcolo dell’impronta;
- Stesura della relazione;
- Presentazione della stessa e dei risultati al personale tecnico e ai responsabili aziendali;
- Discussione sui possibili sviluppi e definizione di un piano di miglioramento.
È fondamentale che il lavoro si concluda con il trasferimento dei risultati alle aziende che devono essere pienamente consapevoli di quanto realizzato e del suo significato e quindi nelle migliori condizioni di prendere le più opportune decisioni.
Impronta del carbonio: Approfondimento tecnico.
Quando si affronta il tema della sostenibilità ambientale di aziende ed organizzazioni e loro prodotti o servizi è necessario definire le attività del sistema o processo preso in analisi che contribuiscono ad aumentare le emissioni di gas climalteranti (gas ad effetto serra o greenhouse gases, GHG). Le emissioni di CO2 (anidride carbonica, il principale gas ad effetto serra) considerate per il calcolo dell’impronta del carbonio possono essere suddivise in:
- Emissioni dirette, dovute cioè alle attività e processi direttamente controllati dall’azienda o organizzazione in esame;
- Emissioni indirette, cioè non direttamente sotto il controllo dell’azienda o organizzazione, come ad esempio le emissioni generate dalla produzione e trasporto di energia acquistata, dall’estrazione, trasporto e lavorazione di materiali acquistati, dai trasporti, dalle attività di smaltimento a fine vita dei prodotti.
Parlando di carbon footprint di prodotto, per il calcolo dell’impronta del carbonio è necessario stabilire in primo luogo l’unità funzionale a cui riferire il risultato (1 kg di acciaio, 1 L di olio di soia, ecc.), e definire il perimetro del sistema oggetto di analisi. I confini del sistema possono includere l’intera organizzazione, un singolo stabilimento o processo produttivo, o diverse fasi di un processo di filiera.
Solo per citare alcune possibilità, si può considerare l’intero ciclo di vita del prodotto (craddle-to-grave) e quindi, per esempio, le emissioni generate a partire dall’estrazione delle materie prime fino allo smaltimento del prodotto a fine vita oppure solamente il processo che avviene all’interno di uno stabilimento (gate-to-gate),
La scelta del perimetro dipende dallo scopo dello studio: nel primo caso si valuterà l’impatto complessivo della produzione di un bene, mentre con il secondo approccio sarà possibile, per esempio, confrontare l’impatto climatico di possibili scenari produttivi a parità di emissioni di CO2 extra-stabilimento.
Lo step successivo è quello di misurare, calcolare o stimare i flussi di materia ed energia in input e output al perimetro definito, in modo da ottenere dati per il modello di calcolo dell’impronta del carbonio, che restituirà un risultato espresso in tonnellate di CO2 equivalenti (tCO2eq), convertendo eventuali emissioni di altri gas ad effetto serra come metano (CH4), protossido di azoto (N2O) e gas fluorurati in base al loro “potenziale climalterante” (Global Warming Potential, GWP).
L’impronta del carbonio – o carbon footprint – è dunque uno strumento utile ed efficace per la misura della sostenibilità di un’organizzazione, processo o prodotto, step fondamentale per prendere consapevolezza dell’impatto ambientale dell’attività studiata e monitorare l’efficacia di interventi mirati alla loro riduzione, come ad esempio interventi di efficientamento energetico e dei processi produttivi.
Dott. Giovanni Franco
Presidente, senior expert in efficienza energetica e sostenibilità, delegato a sviluppo, innovazione e finanza